Cos'è

Si chiamano Poli gravi e sono organizzati in rete. Di cosa di tratta?

 

Cosa fare, dunque, per rispondere adeguatamente ai bisogni plurimi degli alunni con disabilità gravissima? Come consentire la piena inclusione scolastica e, contemporaneamente l’assistenza e le cure di cui hanno bisogno?

Alcuni spunti per la riflessione possono venire dall’esperienza realizzata in alcune scuole genovesi. Anticipiamo fin da ora che riteniamo tali esperienze difficilmente inclusive. Tuttavia, all’interno di esse, vi sono alcuni aspetti che potrebbero essere estesi alle classi comuni.

I POLI GRAVI – All’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, con la chiusura delle scuole speciali, nacque a Genova la prima esperienza di polo scolastico attrezzato per alunni con disabilità grave. Negli anni successivi tale modello venne esteso ad altre scuole della città, collocate in modo da coprire il territorio comunale. Si tratta di ambienti e spazi organizzati per poter accogliere alunni con esigenze specifiche, afferenti, però, alle scuole di riferimento. I poli gravi, denominati ora Poli RES (Risorse Educative Speciali), sono concepiti come una risorsa frutto della sinergia di diversi soggetti istituzionali, con un protocollo di intesa: l’Ufficio Scolastico assegna i docenti di sostegno; l’ASL garantisce il supporto di personale infermieristico, se necessario; il comune garantisce il trasporto, spazi attrezzati, ausili personalizzati e materiale parafarmaceutico, operatori socio assistenziali e servizio mensa; le scuole integrano tutte queste risorse con quelle presenti nella scuola e organizzano gli orari e le attività didattiche all’interno dell’offerta formativa. Da alcuni anni le scuole in cui è presente un polo RES si sono riunite nella rete Non Uno di Meno, che coordina i progetti delle singole scuole, favorisce lo scambio di esperienze, di competenze e di buone pratiche e organizza attività di formazione comuni.

Si tratta dunque di scuole con vere e proprie sezioni dedicate all’accoglienza di alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado, fino a 18 anni. Questi ragazzi frequentano la scuola in spazi attrezzati ed hanno la possibilità di interagire con gli altri alunni con modalità organizzate. Le attività svolte hanno carattere laboratoriale e sono realizzate in aule polivalenti funzionali. Al questo link riportiamo un esempio delle attività di una giornata scolastica.
Come anticipato, riteniamo che ciò non basti a garantire l’inclusione degli alunni con disabilità grave che, nel nostro sistema scolastico, si realizza, invece, nelle classi comuni. Si tratta infatti di una variante delle classi differenziali, esposta al rischio di significative esclusioni. Non a caso, già diversi anni fa S. Nocera definì questa esperienza come integrazione a gambero.

Tuttavia, alcuni aspetti appaiono interessanti. In particolare, data la difficoltà nel reperire e coordinare le risorse necessarie nella presa in carico degli alunni con disabilità gravissima, ci sembra importante che vi siano protocolli d’intesa tra i diversi soggetti coinvolti. Appare interessante anche la creazione di reti di scuole che possano condividere informazioni, formazione, materiali, risorse ecc. a supporto degli alunni con grave disabilità. La didattica laboratoriale, non ultima, consente maggiore coinvolgimento e partecipazione. Pure gli spazi adeguati per accogliere classi comuni frequentate anche da un alunno con disabilità grave o gravissima, con la partecipazione dei comuni, non sono impossibili

A cosa serve

rispondere adeguatamente ai bisogni plurimi degli alunni con disabilità gravissima

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